Il diario di viaggio

18 maggio


Con profonda e muta ammirazione osserviamo stupiti le rovine di Segesta. Il tempio e l’anfiteatro, relativamente ben conservati, inseriti in un contesto bucolico fatto di dolci colline coltivate a frumento, uliveti e vigneti, fanno correre a briglia sciolta l’immaginazione. Come sarà stato un tempo, nell’epoca del suo massimo splendore questo sito in bilico fra l’Olimpo e la terra? Tutto qui profuma di storia e di grandezza. Odori che si intrecciano, si rincorrono. Gelsomino, salvia, timo, rosmarino. Il silenzio é rotto dai cinguettii degli uccelli e da qualche aereo in volo dalla vicina base dell’aeronautica militare. Una scolaresca accompagnata da una giovane suora si assiepa sulle gradinate dell’anfiteatro. Poco importa che non siano in corso rappresentazioni. Il panorama che fa da sfondo al palcoscenico é già di per sé un grandioso spettacolo.


Lo stomaco é sazio, appagato. Ci siamo appena concessi una specialità che vale il viaggio. Un cannolo della vicina Dattilo. A dir poco fantastico. Il segreto, ci spiega l’oste, sta - come sempre - nella semplicità e nella genuinità dei prodotti di base. Qui c’é pura ricotta di pecora e poco, pochissimo zucchero (200 gr di zucchero per 1 kg di ricotta). Il risultato é strepitoso.


Passiamo poi ad un altro capolavoro dell’uomo. L’uomo antico, si intende. Quello che sapeva osservare la natura, entrare in sintonia con essa e sfruttarne a suo vantaggio le caratteristiche senza peraltro impoverirla. Non dell’uomo moderno, quello che gioca a fare Dio, che crea eco-mostri e obbrobri di ogni genere, che altera e inquina. Le saline di Trapani sono un bell’esempio di come l’uomo (quello antico) abbia saputo allearsi con la natura e ricavarne vantaggio lasciandola pressoché intatta, attraverso interventi delicati, discreti che armoniosamente si inseriscono nel paesaggio. È questa la nostra lettura dei mulini a vento e delle pittoresche vasche della saline di Trapani.

 

Romano


19 maggio

 

È una lunga passerella che si percorre andata e ritorno. La grande differenza con le sfilate di moda é che sono gli spettatori a muoversi. Modelle e modelli restano suppergiù al loro posto. Enormi cespugli di rosmarino, spighe dorate, alberi di alloro, fichi d’india, palme nane, fanno da contorno lungo il sentiero ad un paesaggio incontaminato in cui si muovono perfettamente a loro agio lucertole, bisce, porcospini, cinghiali, aquile e molti altri uccelli. Il sentiero a forma di pettine di tanto in tanto si dirama scendendo verso una delle splendide calette dove il mare di un blu intenso, oggi placido, ci accoglie per un pavido pediluvio, mentre alcuni intrepidi tedeschi con la pelle alla caprese (mozzarella e pomodoro) già si immergono fino al collo. Per 7 km all’andata  e altrettanti al ritorno della Riserva dello Zingaro, ci hanno prospettato circa 4 ore. Non conoscono Luana. Fotografa i fiori, il paesaggio, discute con le lucertole, le farfalle e perfino con i sassi. Quindi, alle ore normali occorre aggiungerne ancora almeno 3 per la chiacchierata con le comparse del museo dell’intreccio, il custode del museo dell’arte contadina, il negoziante di panini e il cassiere della riserva. Disidratati osserviamo le torri di avvistamento saracene che non si avvicinano mai. Adeguo il passo al tic tic del suo bastoncino da walking. Quando non lo sento più é ora di fermarmi perché si é sicuramente incantata a fotografare qualcosa. L’incontro con i passanti si limita invece ad un semplice saluto a volte corrisposto con un incomprensibile mugugno, a volte neppure corrisposto. “Vabbé, la gente é fatta così”, tento di consolarla mentre riapre nostalgica il ritornello delle Fiji dove tutti, senza eccezione si salutavano con simpatia. I “bula bula” echeggiavano per le strade colmando l’aria di affetto.


Romano


Sarà forse grazie agli amici Stefano e Antonella di Cautha che qui sono rimasti ormeggiati per un intero anno in attesa che Daniela, la loro figliola, ora collaudatrice di racchette ammazza zanzare (alla ricerca di qualcosa di meglio), finisse il suo ultimo anno di liceo; sarà magari anche perché i siciliani sono ovunque persone squisitamente ospitali e generose. Sta di fatto che, benché siamo a Trapani solo da poche ore, già ci sentiamo come a casa. Trapani é cittadina dalle mille tentazioni gastronomiche. I prodotti di base, a cominciare da pesce, frutta e verdura, sono meravigliosamente freschi e maturi al punto giusto. Quanto di meglio per ricavarne antipasti, primi e secondi di una semplicità disarmante, ma di un sapore trascendentale. Anche un semplice panino imbottito diventa un capolavoro. L’ingrediente principale é l’amore, la passione per la valorizzazione di quanto madre natura ci offre a profusione.

Romano