16 agosto


La spiaggia a sud del marina di Kos non ha nulla di particolarmente attraente, anzi. Spalle al mare, a destra c’é un cantiere nautico che a giudicare dalle condizioni pietose delle barche presenti si direbbe più l’anticamera di un cimitero per relitti; a sinistra, due bar che cercano di proteggere la sottile riva dalle grinfie del mare ammucchiando sacchi di plastica riempiti di sabbia che dal profilo estetico fanno rabbrividire, ma dal profilo pratico consentono di appoggiare almeno un paio di zampe delle sdraio sulle quali si mettono a rosolare alcuni giovani turisti nordici. Il tratto di spiaggia fra il cantiere e i bar é per contro pubblica e si rivela meta quotidiana di parecchi greci in cerca di refrigerio e di contatti.
Di buon mattino, é l’ora degli anziani. Vecchiette vedove vestite di nero si spogliano con discrezione al riparo dei massi che formano il frangiflutti e indossati i costumi neri che sono precursori dei burkini, raggiungono le loro amiche per una lunga chiacchierata di gruppo immerse fino al collo. Ometti male in arnese si avvicinano alla riva zoppicando e arrancando, finché, piedi nell’acqua, si lanciano per una nuotata fra i flutti dopo aver gettato platealmente il bastone sulla spiaggia come per liberarsi del loro handicap. Gli “habitués” si arrogano pure il diritto di incatenare le loro seggiole alle piante. A metà giornata, ecco i giovani in vacanza dalla scuola. Scherzi, schiamazzi, spruzzi di gruppo, occhiate furtive alle ragazze e tuffi temerari dalle rocce per attirarne l’attenzione. In serata é l’ora delle famiglie. Munite di ogni sorta di aggeggio galleggiante. Noodels (una specie di spaghetto gigante fatto di gommapiuma), ciambelle e materassini gonfiabili che al primo colpo di vento sfuggono al controllo e prendono il volo rotolando all’impazzata sulla superficie del mare verso il largo dove, di tanto in tanto, qualche pescatore li raccatta per farne dono ai propri figli. Stessa spiaggia, stesso mare, chissà quante cose avrebbero da raccontare.

 

Romano