28 - 29 giugno

Ansia Lasciamo la baia di porto Kagio dove abbiamo trascorso una notte abbastanza tranquilla. Le raffiche di vento che si sono susseguite tutta la notte ci hanno fatto dormire con un occhio solo, o meglio, mi hanno fatto dormire con un occhio solo. Di buon ora A Go Go e Cautha salpano l’ancora per affrontare ancora un piccolo tratto di strada verso l’ultimo dito del Peloponneso, dove ci prepareremo ad affrontare Capo Malèas. I “cauthini” si raccomandano, dobbiamo attraversare la zona solo con ottime condizioni meteo (solo che per noi questo significa buon vento, per loro, possibilmente calma piatta).
La cosa si presenta nondimeno difficile poiché abbiamo purtroppo constatato come i vari siti meteo sbaglino piuttosto di frequente le previsioni.
Decidiamo di raggiungere la zona e valutare al momento il da farsi, insomma, metteremo fuori il naso dal capo per “annusare” le condizioni. … e queste si presentano “perfette” … calma piatta. La decisone é immediata, doppiamo Capo Horn e dirigiamo verso Milos.
L’equipaggio di Cautha viene messo a dura prova dall’equipaggio di A Go Go. Dopo i vari ancoraggi “selvaggi” (gli amici sono abituati ai porti), navigazioni notturne di un paio di giorni con tanto di burrasca, stress di passaggi “pericolosi”, ora si prospetta anche un ancoraggio notturno. Non ci stanno. Per tutto il giorno, l’occhio incollato sull’indicatore del tempo di arrivo stimato del GPS, navigano a vele spiegate e macchine avanti tutta. Così, li vediamo farsi sempre più piccoli a prua e scomparire all’orizzonte. In gara col sole contano di arrivare a Milos ancora all’imbrunire. Alle 2030 Cautha é ancorata nelle acque rassicuranti della baia di Milos. E A Go Go ? Tranquilla, tranquilla, viaggia a vela a 6-7 nodi. Atterraggio a Milos previsto verso la mezzanotte.
“Esplosioni!”; “sì, sì - dico a Romano - io sento delle esplosioni”. Mi guardo attorno e non vedo nulla. Ecco che la radio VHF comincia a gracchiare. In inglese, con forte accento americano, sentiamo la “US Navy” che annuncia esercitazioni in Mediterraneo, danno le coordinate e si raccomandano : mantenersi tutti ad almeno 15 miglia di distanza. Non riesco a prendere nota delle coordinate, ma devono essere vicino perché i botti sono forti. La radio gracchia di nuovo. Ora posso scrivere le coordinate. “Oddio! … sono a 7 miglia da noi” grido a Romano che si trova in pozzetto. “Se non ci hanno chiamati via radio vuole dire che non c’é pericolo” risponde. In effetti ha ragione ma io naturalmente panico. “Dai spostiamoci più a sud, usciamo dalla zona di tiro”. “Non ci penso proprio, abbiamo una bella rotta su Milos e il vento é perfetto”. Passano alcuni minuti ed ecco che avvistiamo la nave militare. Si sta muovendo e dirige verso di noi. “Vengono verso di noi”, grido. E Romano di rimando “prendi subito la macchina foto che scattiamo qualche immagine”. Ecco, mi dico io, lui serafico pensa alla macchina foto, ma diamine questi ci stanno puntando e … sorpassando. Scatto le foto ordinate da mio marito, e mi dico, ma é mai possibile che in cinque anni di navigazione non ho ancora imparato a ponderare le cose e a reagire con calma ? No, non ho ancora imparato perché dopo un paio d’ore di navigazione mentre Milos si avvicina sempre di più siamo investiti da un colpo di vento, che dura un’ora, con raffiche sui 35 nodi. Le onde investono A Go Go, spruzzi in pozzetto, noi due fradici, buio pesto. “Ecco, ora cosa facciamo ?” grido a Romano cercando di superare il rumore degli elementi. Lui mi guarda, sorride e mi dice … “cosa vuoi fare … andiamo avanti, la baia di Milos é a un paio d’ore e per mezzanotte sarai tranquilla nella tua cuccetta”. Così é stato. Alle 2400, suonavano le campane della chiesa, mi infilavo in cuccetta, stanca ma felice di essere arrivata.

Luana